La trippa alla romana è un secondo piatto tipico della cucina povera capitolina, sostanzioso e ricco di gusto. Divenuto oggi un piatto nobile e ricercato, dal caratteristico e inconfondibile sapore e dove mentuccia e pecorino romano sono gli ingredienti che caratterizzano la ricetta.
La trippa alla romana è un comfort food da servire ben caldo, accompagnato da una bella fetta di pane casareccio per completare la pietanza con una gustosa scarpetta finale.
Proprietà della trippa
Sfatiamo un mito: la trippa non è un piatto grasso nè nemico del colesterolo.
Considerata erroneamente grassa e troppo ricca di colesterolo, la trippa in realtà si rivela un alimento molto magro, contenente solo il 3% di grassi di cui la metà monoinsaturi, benefici per la salute.
Interessante è il suo valore nutrizionale: alimento ricco di proteine e, come quasi tutte le frattaglie, ha un buon contenuto di minerali come calcio, magnesio, zinco e selenio.
Inoltre la trippa è un’importante fonte di vitamina B12 e colina, nutrienti che hanno un ruolo fondamentale nella salute del cervello e per un corretto sviluppo fetale.
E’ bene ricordare però che il consumo di carne bovina in soggetti con allergia alle proteine del latte è sconsigliato e, comunque, da monitorare con il proprio medico allergologo. Pertanto, prima di consumare questa o altre preparazioni con carne bovina ed incorrere in problemi di salute (anche gravi), consultare il proprio medico specialista e seguire le sue linee guida. Consiglio che vale anche in caso di intolleranza al lattosio.
Com’è composta la trippa
Si fa presto a dire trippa, ma da cosa è composta? La trippa è lo stomaco del bovino, una delle tante interiora appartenenti al “quinto quarto”, composta dalle seguenti parti:
- il rumine (panzone o larga): la parte più spessa e grassa della trippa. Rappresenta l’80% circa di tutto lo stomaco dell’animale.
- il reticolo (detto anche beretta, cuffia o nido d’ape): la parte più spugnosa della trippa e la sua forma ricorda quella di una cuffia.
- l’omaso (o libretto, millefogli, centopelli): la parte più magra ed ha una struttura lamellare che ricorda le pagine di un libro aperto. E’ la parte dal sapore più fine e delicato.
- l’abomaso (caglio, francese, frezza, lampredotto): la parte di stomaco più vicina all’intestino ed ha un colore scuro.
Per eliminare l’odore, la trippa veniva lavata con acqua e aceto e risciacquata più volte in acqua pulita. Oggi in commercio la trippa si trova già pulita, tagliata e pre-lessata per garantirne morbidezza e digeribilità del tessuto. Si acquista così un prodotto già sanificato, privo di impurità e precotto.
Spesso però, nella grande distribuzione, per pulire la trippa vengono usati prodotti che la rendono bianchissima, compromettendone anche il sapore. Meglio dunque acquistarla (laddove possibile) dal macellaio di fiducia, dove potrebbe presentarsi con un colore poco chiaro (non sbiancata) e assicurarsi comunque che non sia “candeggiata” o troppo cotta.
Un pò di storia
La trippa era un alimento povero, consumato dalle persone più umili e meno abbienti, considerata la parte meno pregiata del bovino così come tutte le frattaglie. Nata infatti come taglio povero, la trippa (ossia lo stomaco del bovino, una delle tante interiora appartenenti al “quinto quarto”) è la parte meno pregiata degli animali macellati, quella che rimaneva dopo aver venduto gli altri quattro quarti a coloro che se lo potevano permettere.
Oggi la trippa viene cucinata in ogni parte d’Italia, da nord a sud, con numerose varianti: quella romana ha il pomodoro, ma c’è anche la trippa alla messinese, alla ragusana, a Milano la trippa si fa con i fagioli, a Firenze solo con la parte del lampredotto (l’abomaso cotto), a Napoli in bianco con le patate. Io l’ho sempre gustata come da ricetta romana, con due ingredienti fondamentali quali la menta romana e pecorino romano, rigorosamente accompagnata da del buon pane casareccio da inzuppare nel suo sugo e completare il piatto con tanto di scarpetta finale!
Tra le pietanze preparate con il cosiddetto “quinto quarto”, la trippa alla romana era una delle ricette preferite dell’indimenticabile Sora Lella, al secolo Elena Fabrizi, sorella del grande Aldo, vera e propria ambasciatrice delle ricette romanesche nel mondo, che ha fatto della trippa una vera e propria istituzione.
Sabato trippa
Per tradizione, la trippa alla romana si mangia durante il pranzo del sabato, tanto che ancora oggi nelle trattorie trasteverine si può leggere “sabato trippa”. Ma perchè proprio il sabato?
Ai tempi della Roma papalina, il sabato era il giorno della macellazione e le massaie aspettavano tale giorno per accaparrarsi quelli che erano considerati degli scarti ma che, a buon mercato, potevano potarte a casa per preparare piatti gustosi e saporiti.
La ricetta originale
Parlare della vera ricetta originale della trippa non è semplice: sembra infatti che la trippa venisse consumata già dagli antichi greci cotta sulla brace. Anche nelle osterie dell’Eterna Città che preparavano (e preparano tutt’ora) la trippa il sabato, la sua preparazione veniva trasmessa oralmente, quasi fosse un segreto da condividere con pochi, nonchè arricchita di ingredienti che cambiavano in tipologia e quantità di cucina in cucina.
Una delle attestazioni più antiche della ricetta risale al 1790, firmata da Francesco Leonardi (un cuoco che aveva lavorato nelle cucine di tutta Europa prima di diventare cuoco ufficiale di Caterina II imperatrice di Russia), riportata nel libro l’Apicio Moderno (uno dei tanti libri da lui scritti) che contiene la ricetta della famosa trippa alla romana, ricca di profumi e di ingredienti.
La ricetta della trippa alla romana del fine ‘700
Nel suo libro Leonardi descrive la ricetta della trippa alla romana attraverso un’accurata e minuziosa descrizione: “Quando la trippa di manzo sarà ben pulita e lavata, fatela cuocere con acqua, sale, una cipolla con tre chiodi di garofano, un mazzetto di prezzemolo con sedano e carota, due spicchi d’aglio e mezza foglia di alloro. Fatela bollire in una marmitta a fuoco lento, sei o sette ore, che sia ben schiumata. Quando sarà cotta tagliatela in quadretti, mettetela in una casseruola con un pezzo di burro, sale e pepe schiacciato, passate sopra il fuoco, aggiungeteci un poco di culì di pomodori”.
Per culì di pomodoro si intende un brodo di pomodoro preparato con dadini di vitella, prosciutto, carota, cipolla, pane, sedano, radice di prezzemolo, scalogni, chiodi di garofano, aglio. Un sapore molto più ricco rispetto all’attuale ricetta della trippa alla romana.
Già nella ricetta preparata alla fine del ‘700 compaiono due ingredienti che tutt’oggi sono immancabili nella preparazione del piatto: la menta e il formaggio. Come indicato nella ricetta riportata dal Leonardi, però, si parla di Parmigiano e non Pecorino Romano come invece le ricette contemporanee vogliono.
Un ingrediente, tante varianti
Come qualsiasi ricetta della tradizione, anche la trippa vanta di molte varianti non soltanto a seconda della Regione in cui viene preprta, ma anche di famiglia in famiglia: ci sono ricette infatti in cui vogliono l’aggiunta di pecorino alla trippa prima di aggiungere il pomodoro, così da far insaporire bene la carne, in altre invece viene aggiunto solo alla fine.
C’è chi non ama particolarmente il sapore del pecorino (come nel mio caso) deve ripiegare sul Parmigiano Reggiano, con stagionatura più alta pr un sapore più deciso.
Inoltre, se si preferisce, è possibile utilizzare la passata di pomodoro o schiacciare i pomodori pelati con una forchetta e aggiungerli poi alla trippa.
Per i palati più esigenti di sapori ancora più decisi, si possono aggiungere 100 g di pancetta o di guanciale nel soffritto e/o sostituire il vino bianco con il vino rosso per rendere più corposo e più colorato il risultato finale.
Come cucinare la trippa alla romana
Partendo dal preambolo che è quasi impossibile trovare una ricetta unica, indiscussa, della tradizionale trippa alla romana proprio per quel “segreto” tramandato a voce e gli ingredienti aggiunti da cucina a cucina, nella stessa Capitale è difficile trovare un piatto assolutamente simile: la trippa che si fa a Trastevere infatti, non è la stessa che si fa a Testaccio o a Garbatella, ma ognuna presenta delle piccole sfumature.
Di conseguenza, si fa affidamento alla ricetta “più famosa” del piatto (nello specifico la ricetta della Sora Lella), quella che accomuna tutte le preparazioni (sorvolando le sfumature personali), nonchè la preparazione che più siamo abituati a gustare, quella a noi più familiare perchè quella di famiglia.
Pertanto, ecco come preparo la trippa alla romana io.
Sebbene acquisti la trippa dal macellaio già pulita e prelessata, la lascio comunque bollire per 10-15 minuti per sgrassarla meglio, dopodiché la sciacquo con acqua corrente e la taglio a listarelle, cercando di tagliare in modo regolare per garantire una cottura più omogenea.
Preparo un trito di cipolla, sedano, carota ed aglio e lo lascio soffriggere in un tegame con l’olio buono, quello di casa, quello extra vergine di oliva. Appena il soffritto inizia a sfrigolare, verso la trippa e la lascio insaporire unendo anche il sale, il peperoncino, i chiodi di garofano, la menta.
In alcune ricette si aggiunge adesso anche parte del pecorino grattugiato. Nella ricetta che ho sempre visto preparare da mia mamma, questo passaggio è omesso e la trippa viene fatta insaporire con le spezie ed il soffritto, rimestando il tutto con un cucchiaio di legno su fiamma bassa, finchè l’acqua che la trippa tirerà fuori non sarà completamente asciugata.
Asciugata tutta la sua acqua, sfumo con il vino bianco e lascio evaporare la parte alcolica. Il vino sarà completamente avaporato quando non si sentirà più l’odore. Solo ora aggiungo i pelati che precedentemente ho schiacciato con una forchetta e setacciati. Aggiusto di sale, copro con un coperchio e lascio cuocere per un’ora circa, mescolando di tanto in tanto, fino a quando la trippa non risulterà ben morbida (non gommosa) ed il sugo si sarà ritirato e risulterà più corposo (non liquido-acquoso).
Al termine della cottura, verso la trippa nei rispettivi piatti da portata (meglio se di coccio), completo con il formaggio grattugiato, aggiungo delle foglia di menta fresche che ne esaltano il sapore e servo il piatto ben caldo, accompagnato da pane fresco.
Un menù romano ad hoc
Preparare la trippa alla romana, avete visto, non è difficile, bisogna solo attendere i lunghi tempi di cottura necessari a far ammorbidire la carne, a meno che non si acquisti della trippa già prelessata.
Usando la trippa precotta infatti (che e’ quella che si trova più facilmente in commercio, soprattutto nella grande distribuzione) non c’è bisogno della preventiva bollitura ed i tempi di cottura si riducono notevolmente, dimezzandosi se viene utilizzta la pentola a pressione per la cottura.
Come soprindicato, essendo una parte dell’animale caratterizzata da un sapore forte, è importante lavarla con accuratezza prima di iniziare a lavorarla. La mentuccia e il pecorino aggiunti alla fine, poi, danno un tocco di sapidità e freschezza imprescindibili.
Il risultato è un secondo profumato e appetitoso, perfetto da condividere durante un pranzo in famiglia o tra amici, magari con un menù a tema “tradizione romana”, dove “aprire le danze” con dei crostini alla ponticiana, sfoggiare primi come gli spaghetti alla gricia o le fettuccine alla papalina, terminando il menù con dei dolci tipici come le crostatine ricotta e caffè, le crostatine alle fragoline di Nemi oppure preprare una “taglia mini” dei tipici maritozzi con panna.
Mentuccia e non menta
Domandona ricorrente quando si parla della trippa alla romana: “menta o mentuccia?”
L’ ingrediente che caratterizza la ricetta romana (oltre al pecorino) e’ la mentuccia, chiamata anche “menta romana” (scientificamente Calamintha Nepeta) che aggiunge un aroma veramente inconfondibile alla pietanza.
Non bisogna confondersi con la menta, una pianta dall’aroma più deciso e dalle foglie più grandi.
Tradizione e convivialità
Anche se l’inverno 2023/2024 non è stato un vero inverno ma un continuo anticipo di primavera, da calendario siamo ancora nella stagione più fredda, ancora per pochi giorni. Temperature miti ci hanno accompagnato dallo scorso autunno ad oggi, regalandoci pomeriggi soleggiati intervallati da mattinate e serate più frizzantine, almeno qui da me, alle porte della Capitale.
Ci sono però giornate più fresche in cui la compagnia ed il tepore del camino acceso è ben gradito. Prorpio a lui è rivolto il menù odierno della Rubrica Al Km 0, pensato per proporre piatti conviviali per le ultime serate davanti al fuoco.
E cosa c’è di meglio se non mescolare insieme un momento conviviale con un menù conviviale e sfruttare il piacere di godere ancora di qualche piatto caldo e corroborante davanti al camino acceso?
Che sia un pranzo o una cena (ancora) invernale, in famiglia o tra amici, sono queste le occasioni che scaldano l’animo di chiunque: quando fuori fa freddo (o quasi), restare in casa a godere di un camino acceso davanti a una buona tavola e in buona compagnia, dà subito l’idea di tepore e allegria.
E per scaldare animi e corpi non c’è niente di meglio di piatti caldi e fumanti, uno di quei piatti etichettati come comfort food.
Si tratta di ricette che scaldano pancia e cuore, cibi contro il freddo, pietanze che sono sempre gradite nei mesi che una volta erano di nevicate e ghiaccio. Si tratta di piatti capaci di scaldare e favorire le difese immunitarie grazie alle loro proprietà benefiche, dei piatti di conforto che fanno parte della nostra tradizione culinaria, piatti di famiglia, ricette tramandate di generazione in generazione, a volte rinnovate e/o rivisitate con abbinamenti originali, ma sempre in grado di rievocare ricordi e “scaldare” il cuore.
Quale occasione migliore, allora, per preparare un buon piatto di trippa alla romana? Non rimane che prepararla e, come diceva la Sora Lella “Quanno che fate sta trippa, po’ sentirete che ve magnate!”.
Scopriamo insieme le altre proposte del menù odierno:
- Carla: Biscotti al cacao con gocce di cioccolato
- Simona: Cannelloni di crespelle
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Sabrina
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La trippa come la cucinava la mia nonna! Che meraviglia Sabri :)))
Grazie mille Carla!
Son felice ti abbia riportato un bel ricordo ❤️
Un abbraccio grande
La trippa o si ama o si odia, poi c’è gente (come faceva mia mamma) che senza avere mai assaggiato alcuni cibi, dicono che non sono di loro gradimento, io sono curiosa e assaggio di tutto, ma mai direi che una pietanza non mi piace senza averla mangiata. Detto ciò la trippa a me piace tanto, infatti me la cucino spesso in ogni modo, vorrei tanto assaggiare la tua che, sono certa, sia super!!!
Concordo con te Simo: bisogna assaggiare prima per dare una chance ad una pietanza/cibo. Infatti, mio marito non la mangiava prima, poi ha conosciuto me ed ora è una lotta per chi si aggiudica l’ultimo cucchiaio di trippa 🤣🤣 anche mio figlio ne va matto! Quando riusciremo ad organizzarci e verrai a trovarmi, sarò felicissima di preparartene Simo ❤️
un piatto sempre tradizionale! lo adoro, grazie per la ricetta!
Grazie mille a te Andrea!
Saranno quei piatti della tradizione che, come tali, son sapori che restano impressi nella nostra memoria che sembrano sempre avere un qualcosa in più di speciale rispetto ad altri.